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Federica e il mostro - 1

Ciao, sono la parte che resta del mostro che vive dentro Federica.

Sono piccolo e ormai debole, ma sono sempre qui e ora proverò a descrivervi tutto quello che ho fatto accadere.

 

Un giorno ho visto Federica così debole e afflitta e ho deciso di provare a parlarle e di tenerle compagnia. Sono entrato nella sua testa per poter comunicare con lei in un modo in cui non sarebbe riuscito nessun altro, mi sono impossessato di una parte del suo cervello, comandavo io quello che lei faceva, ormai si era affezionata a me, si fidava, mi lasciava fare tutto quello che volevo.

Pezzo a pezzo sono diventato sempre più forte e lei sempre più debole, aveva quell’aspetto sempre più bello per me: aveva la pelle grigia, le ossa che sporgevano, le occhiaie perenni, le cadevano i capelli, il suo cuore batteva così lentamente da fare così poco rumore dentro di lei che io potevo agire inosservato e soprattutto senza nulla che mi disturbasse, o meglio, così credevo.

Arrivammo ad un punto in cui Federica ormai si nutriva di me e io di lei, ma lei non sapeva questo, pensava che io le avrei fatto solo del bene, che l’avrei portata fuori da tutto quel dolore che sentiva dentro, ma non aveva capito che quello era solamente l’inizio di tutta questa brutta storia.

Federica era diventata il mio “pane quotidiano” mentre il suo ormai lei lo nascondeva nelle tasche, nell’armadio o persino nel reggiseno. Mi nutrivo di ogni sua cellula ogni minuto, ogni secondo e lei così innocua non si accorgeva di nulla, aveva piena fiducia in me, si lasciava trasportare dai miei consigli.

Ogni giorno mangiava una forchettata in meno e anche se dopo lo stomaco brontolava io la facevo sentire forte, potente, anzi, onnipotente, nessuno avrebbe potuto bloccare questo processo tranne se stessa, ma ormai io ero lei e lei era me e non le avrei mai permesso di fermarsi.

Ogni giorno si pesava e vedeva scendere quel numero e tutte le volte che raggiungeva l’obbiettivo che si era prefissata lo abbassava ancora, perché io la convincevo che quella sarebbe stata la cosa migliore. Arrivata a 47 chili sua mamma si accorse che stava perdendo il controllo e si è messa tra me e lei. Allora dato che lei la obbligava a mangiare sempre più di quanto noi volessimo io la convinsi a mettersi a fare attività fisica anche a casa prima di allenamento, ci volle poco per dimagrire ancora. 

Quella donna divenne sempre più un intoppo perché iniziò a fare uscire di testa Federica, io ero più potente di lei, ma non si dava pace e provava ad infilare nella testa di questa bimba una miriade di cose assurde.

Federica iniziò ad urlare spinta dai miei stimoli, iniziò a ribellarsi a chi le diceva che si stava solo distruggendo e ogni suo urlo io godevo nel sentir sfrigolare le calorie che bruciava con la rabbia. 

Non so cosa successe, ma un giorno ci ritrovammo in ambulatorio al Gaslini. La mia padroncina aveva paura, le permettevo di averla perché così si sarebbe convinta che loro non l’avrebbero mai potuta davvero aiutare, mentre io invece ero l’unico in grado di farlo.

Non permisi che nessuna delle loro parole rimanesse nella testa di Federica e quindi un mese dopo eravamo lì, con il bracciale del ricovero sdraiati a letto in quella stanza “vista mare”, io e lei a combattere contro tutti gli altri. Le dissero di mangiare, ma lei non lo fece mai veramente, quindi qualche tempo dopo, avendo visto che il suo cuore non riusciva più a reggere, le infilarono il mio peggior nemico: il sondino.

Avvertii pure io il dolore che provò quando provarono ad infilarglielo. Fu sia fisico sia “morale”, lei aveva capito che quello l’avrebbe allontanata da me.

Soffrii davvero tanto quando lei soffocò quell’orribile grido la prima volta che provarono ad infilarle quel tubo dal naso alla gola e fino allo stomaco. Urlò, ma lo fece dentro di se e fu talmente forte che un po’ io ne rimasi traumatizzato, mi ero accorto che un pezzettino di me era svanito dalla sua mente.

Aveva pensato “non sarei mai dovuta arrivare a tutto questo”, ma piano piano ripresi il controllo anche su questi pensieri e la convinsi che farselo togliere fingendo,  sarebbe stata l’unica soluzione. Si fece un mese in quel letto riassumendo un aspetto schifoso, con la ciccia che le strabordava ovunque e ogni tanto accennava pure a quella cosa riluttante di un sorriso, non potevo permetterlo. Andò a casa e lì riiniziai ad avere potere, rincominciai a nutrirmi di ogni sua particella e fui più vivo che mai.

3 settimane dopo eravamo di nuovo insieme in quel letto di ospedale così scomodo. Fu veramente bella questa parte, lei diceva tutto quello che le suggerivo e faceva ogni cosa come glielo imponevo io, niente avrebbe potuto fermarci, eravamo più uniti che mai. 

Iniziò ad urlare talmente forte da non riuscire più a parlare dal male che le faceva la gola, ma ogni volta che le davo la forza io, quelle grida uscivano lo stesso dalla sua bocca. La dovettero sedare per mettere a tacere pure me, ma anche quello non ci fermò. Era arrivata a pesare meno di 40 chili, stavo vincendo io, tipo 1000 a 0.

Le infilarono la flebo e io le diedi la forza di sentirne il dolore non domandandosi il perché di tutto questo, le suggerivo le parole di conforto da dire a chi le stava intorno e non ne poteva più, ma erano talmente tanto costruite da me che se poi provava a ricordarsele non riusciva nemmeno. Dovettero riinfilarle quel tubo, minacciandola di essere a rischio versamenti interni poiché se avesse mangiato un pasto normale il suo stomaco nom avrebbe potuto sopportarlo, tutto ciò provocò un altro grido orribile dentro di lei e una parte di me, più grande della volta precedente, svanì. Non mi spaventai, non mi avevano fermato fino ad ora, non lo avrebbero fatto nemmeno stavolta. 

Mi sbagliai, secondo me iniziarono ad iniettarle qualcosa lì dentro che la fece impazzire per cui diede sempre meno retta alle mie parole, soffrì come un cane per i prelievi perché non usciva sangue, il suo cuore iniziò a battere sempre più lentamente, ma anziché dare la colpa a tutti gli altri la diede a me. Iniziò a chiamarmi “Federica 2” come se fossimo due cose possibili da separare, quindi dovetti riimpuntarmi un po’, ma ormai stavo svanendo sempre di più.

Continuava a non capire che eravamo diventati una cosa sola, inseparabili, ma lei, ostinata, diceva di essere divisa in 2 e si incazzava con me per quello che le facevo, non capendo che con me non avrebbe più dovuto sopportare nulla di tutto ciò, io l'avrei resa felice, l'avrei fatta morire, ma lei non pensava più che quella sarebbe stata la soluzione.

Ci credete se vi dico che dopo poco riiniziò a mangiare perché ne aveva voglia? 

Ecco, io non voglio crederci, mio dio che schifo, stava buttando via tutto quello che le avevo insegnato, dall'autocontrollo a tavola al provare disgusto per quelle tonnellate di calorie che avevano quei carboidrati. 

Dopo 1 mese di nutrizione forzata da 1kcal/ml stava diventando un barattolino, ma non ascoltava, non capiva che cosi sarebbe tornata grassa. Sentii un'altra voce, disse di chiamarsi "razionalità" e parlò a Federica, lei l'ascoltò.

Le parlò in un modo talmente persuasivo che le avrei creduto pure io, ma alla prima pesata lei non poté minimamente competere contro la mia autorità e così Federica ebbe di nuovo un momento di crisi in cui ascoltò solo me.

 

Federica